Buongiorno,

il prossimo 5 maggio, presso il parco torinese La Pellerina si terrà la terza edizione di “Rete in Festa”, a cura dell’Associazione Impegnarsi Serve OdV e con la partecipazione di Teens Ragazzi per l’Unità, A.I.P.E.C., Settimo Chilometro, Turin Marathon, Cooperativa Valpiana, Fitwalking Settimo Torinese, Movimento Mezzopieno, Obiettivo Fraternità, Torino Spazio Pubblico.

Si tratta di una gara non competitiva, a carattere solidale, che sosterrà il progetto “Giovani promotori di pace” in Colombia.

Alla manifestazione sarà abbinata la “Run4Unity”, staffetta sportiva mondiale per la Pace, che ha luogo lo stesso giorno in centinaia di città dei 5 continenti, su iniziativa dei Ragazzi per l’Unità.

La gara sarà occasione di incontro e di scambio tra le diverse realtà associative.

Se anche tu vuoi dire il tuo SI alla PACE e renderlo concreto, iscriviti compilando il modulo che trovi al seguente link:

https://docs.google.com/forms/d/e/1FAIpQLScR1Y-re_DzyYTWD1H4wNhwfu4BiZEruxhYGI9L21zqZpcEgg/viewform?usp=sharing

E aiutaci a diffondere l’iniziativa presso i tuoi amici!

Per chiarimenti chiamare il 3791757755 o scrivere a reteinfesta@impegnarsiserve.org.

Paese: Mongolia

Attività: avviamento attività di sartoria

Finalità: offrire una possibilità di inserimento lavorativo per donne con scarse risorse finanziarie

Benefici attesi: miglioramento delle condizioni economiche delle famiglie grazie alle mamme imprenditrici.

Contributo richiesto ad Impegnarsi Serve: € 6.000

La Mongolia è un Paese dell’Asia orientale, stretto tra la Cina a sud e la Russia a nord. Le religioni dominanti sono il buddismo e lo sciamanesimo. La giovane Chiesa cattolica in Mongolia conta oltre 1.500 cattolici battezzati (0,4%) con un solo sacerdote autoctono. Sono presenti dieci congregazioni religiose e missionari laici che lavorano sotto la Prefettura Apostolica guidata dal vescovo torinese Cardinale Giorgio Marengo (IMC).

La missione di Arvaikheer, 430 km a sud-ovest della capitale Ulaanbaatar, è situata a pochi chilometri dal deserto del Gobi uno dei luoghi più estremi della terra, per via delle temperature fino a -40° d’inverno e 50° d’estate, tempeste di sabbia, di neve e siccità, eventi accentuati dal cambiamento climatico. Il tutto provoca moria dei greggi e difficoltà di sopravvivenza anche per i pastori nomadi, se pure abituati al clima. Per questo motivo molte famiglie abbandonano il deserto per emigrare nelle regioni e cittadine limitrofe, come Arvaikheer sperando in un futuro meno disagiato, ma purtroppo non è così.

Qui i missionari/e della Consolata offrono servizi alla comunità locale con progetti umanitari e attività religiose. Gestiscono una parrocchia cattolica, la Chiesa Madre della Misericordia. Si tratta, probabilmente, di una delle comunità cristiane più piccole dell’Asia, formata da un primo gruppo di residenti locali. Oltre alla chiesa, ci sono asili nido per bambini dai 2 ai 5 anni, doposcuola, docce pubbliche, progetto donne e gruppo alcolisti. I missionari gestiscono questi servizi avvalendosi della collaborazione di operatori locali.

 Il lavoro scarseggia, il cibo e i vestiti costano molto. C’è il pericolo dell’alcool (specialmente per gli uomini) ed è alto il rischio di trovarsi su strade non buone favorite dalla indigenza. Per contrastare questa realtà, la missione, alcuni anni fa ha organizzato un progetto di cucito artigianale per le mamme, divenute lavoratrici provette capaci di produrre capi collocabili sul mercato.

Purtroppo, le restrizioni del Covid19 ed altre precarietà hanno interrotto il ritmo avviato e si deve ricominciare daccapo.

Attualmente le donne aiutate sono una trentina, disoccupate, bisognose di lavoro specialmente per superare i periodi invernali. Per riattivare il progetto occorre comprare il materiale per confezionare i capi artigianali da rilanciare attraverso alcuni canali di solidarietà.

PER UN MONDO SENZA CARCERI

Il Brasile è il terzo paese al mondo per numero di carcerati dopo Cina e Stati Uniti. I numeri ufficiali parlano di circa 900.000 carcerati, ma probabilmente sono molti di più.

La realtà delle carceri in Brasile è drammatica. È un sistema fortemente punitivo, in cui alle torture fisiche si aggiungono condizioni di trattamento degradanti e disumane: mancano servizi basilari come l’assistenza medica, il rispetto delle norme igieniche, un’alimentazione sana, per non parlare del sovraffollamento. Molti dei carcerati sono giovani, neri, persone ai margini della società con famiglie destrutturate, molti dei quali avrebbero soltanto bisogno di politiche sociali adeguate. Il traffico di droga è tra le principali cause che portano alla carcerazione. L’aumento delle donne deriva dall’essere spesso usate come mule per trasportare droga o dal fatto di sostituire il marito nel narcotraffico. Il carcere, per di più in condizioni disumane, aumenta la violenza invece di rieducare.

In questo scenario di violazione della dignità del detenuto/a, mancanza di rispetto per le norme costituzionali del paese e delle dichiarazioni internazionali dei Diritti Umani, di cui il Brasile è firmatario, una delle voci di questa minoranza è la Pastorale Carceraria che opera con la popolazione carcerata: è la voce che assicura il minimo supporto garantito dalla legge, l’accesso alla giustizia e ad un processo legale e equo. Uomini e donne, sia laici, sia religiosi, visitano periodicamente i penitenziari nei ventisette stati del Brasile: nel tempo si sono conquistati credibilità e godono la fiducia dei detenuti e delle loro famiglie.

È attraverso questa rete che si è arrivati ad organizzare le famiglie in associazioni, coinvolgendole e rendendole protagoniste del progetto “Un Mondo senza carcere”, che ha come obiettivo una trasformazione sociale che si ispira alla Giustizia restaurativa e alla Scuola del Perdono e Riconciliazione del Progetto EsPeRe.

Il progetto si propone di formare operatori della pastorale carceraria per realizzare circoli con i familiari dei carcerati al fine di sostenere una cultura della giustizia, della pace e del dialogo, al fine di superare i conflitti e costruire fraternità e amicizia sociale.

Il progetto è già stato avviato, ma si tratta di un impegno importante, trattandosi di un territorio molto esteso.

Nel 2021, 2022 e 2023 Impegnarsi Serve ha sostenuto il progetto con un contributo di 5.000 euro per ciascun anno e intende continuare anche nel corso del 2024. Referente in loco è p. Gianfranco Graziola, membro del coordinamento nazionale della Pastorale Carceraria del Brasile.

PROGETTO APERTO

DIGNITÀ PER IL POPOLO WARAO: una cultura indigena da proteggere

Il contesto geografico

Ci troviamo in un angolo remoto del Venezuela, dove il popolo Warao vive e si muove. Nello specifico del progetto, il territorio è quello compreso tra le parrocchie civili di Manuel Renaud e Santos de Abelga, nel Comune di Antonio Díaz, nello Stato del Delta di Amacuro nella Repubblica Bolivariana del Venezuela.  posizione).

Siamo nel bel mezzo del Delta dell’Orinoco, quindi l’unico modo per spostarsi è lungo il fiume.

Lo Stato del Delta di Amacuro confina a nord con le acque di Trinidad e Tobago, a est con la Guyana inglese e a sud con il Brasile.

Il Delta dell’Orinoco fa parte della Panamazonia, condividendo così tutta la sua ricchezza e tutte le sue sfide.

Il contesto storico

I dati in possesso degli storici ci parlano dell’esistenza del popolo Warao già 8.000 anni prima di Cristo.        

Come quasi tutti i popoli nativi d’America, la nascita dei Warao si riconduce a migrazioni di gruppi di coloni asiatici che avrebbero attraversato lo stretto di Bering e poi, nel corso dei secoli, si sarebbero spostati per raggiungere le attuali latitudini. Al tempo della colonia spagnola, in fuga dai Caribs, che si erano alleati con gli encomenderos per catturare e schiavizzare gli altri popoli indigeni, i Warao sarebbero migrati verso le mangrovie del Delta dell’Orinoco, dove la loro conoscenza del territorio con le sue innumerevoli isole e canali e la loro capacità di adattarsi al fango, al fiume e alle maree, scoraggiò coloro che li minacciavano. Alcuni raggiunsero il Delta attraverso le pianure, altri da Trinidad. La loro lingua è diversa dalle altre lingue indigene della zona.

Il contesto sociale, la sanità, l’istruzione, i servizi, il lavoro

La società Warao è una società matriarcale, organizzata da nuclei familiari che ruotano attorno alla figura del suocero. Quando il suocero muore, i mariti delle loro figlie di solito si separano e formano nuove comunità che cresceranno di numero attraverso le alleanze matrimoniali delle figlie del nuovo capofamiglia.

Nuove comunità possono sorgere a causa della discordia di uno dei generi con il resto della famiglia: il genero in disaccordo lascia la comunità fondata dal suocero e, con la moglie e i figli, fonderà una nuova comunità.

Oggi la maggior parte del popolo Warao vive in grande isolamento nei canali del Delta Amacuro. Questa condizione di isolamento li porta ad un ritorno alle tradizioni e all’autogestione, comporta anche una crescente influenza del contrabbando e delle attività illegali per mano dei trafficanti dell’isola di Trinidad. Attualmente sono entrati il contrabbando e la coltivazione di marijuana, con tutte le destrutturazioni sociali e culturali che questo comporta.

L’assistenza sanitaria è molto trascurata, un solo medico per circa 8 mila persone e praticamente nessun accesso alle medicine.

Per quanto riguarda l’istruzione, gli insegnanti oggi sono allo sbando (molto spesso migrano), i nuovi insegnanti non sono preparati, non c’è materiale didattico (libri, lavagne ecc. ecc.), non ci sono materiali scolastici di base (matite, quaderni, gomme ecc. ecc.), gli edifici scolastici in particolare stanno cadendo e non hanno manutenzione, non ci sono quasi sedie o tavoli e quelli che ci sono versano in cattive condizioni. Molto spesso, insegnanti e ragazzi sono assenti dalle lezioni perché la distanza da percorrere nel fiume con la curiara (imbarcazione più piccola di una canoa) non permette loro di arrivare in tempo alle lezioni.

Non c’è acqua potabile, non c’è elettricità, non ci sono servizi di trasporto. Quasi tutte le famiglie appartenenti alle parrocchie devono recarsi in curiara, almeno una volta al mese, al porto di Barrancas o Volcán per comprare sapone, qualche vestito o medicine; questo viaggio dura da tre a quattro giorni in sola andata, sotto l’inclemenza della pioggia, del moto ondoso dell’Orinoco,  della fame e della sete, degli insetti (soprattutto di notte) sulle rive del fiume.

Non ci sono opportunità di lavoro ad eccezione di alcune possibilità per infermieri e insegnanti, ma con stipendi ridicoli e nessuna speranza di utilizzare i soldi, se non per viaggiare tre giorni fino al porto più vicino.

L’unica occupazione vera è il conuco (agricoltura) e la pesca per gli uomini e la fabbricazione di cesti da parte delle donne, con fibra di moriche e bora, che attualmente non trova un mercato, a causa della drastica diminuzione del turismo e del potere d’acquisto della popolazione creola del paese.

Le parrocchie continuano ad accompagnare le comunità nel loro cammino e nella loro fede (catechesi, formazione dei catechisti, visita ai malati, ascolto, sacramenti, celebrazione della Parola, formazione dei celebranti della Parola), cercando di integrare il cammino amazzonico e cercando di rendere tutti partecipi del cammino dei popoli indigeni dell’Amazzonia. Per questo siamo limitati dal costo della benzina a raggiungere le comunità (circa 50), e sappiamo che i protagonisti devono essere i celebranti della parola e i catechisti, anche se va curata di più la loro formazione.

Molte famiglie non hanno vestiti e si recano presso la missione in cerca di vestiti usati. Per dare loro autonomia e dignità, un obiettivo è aiutarli a realizzare i propri vestiti.

La mancanza di igiene e la difficoltà di accesso alla medicina moderna, li condanna a trascinare quasi continuamente malattie ricorrenti: amebiasi e altri parassiti intestinali, infezioni della pelle e micosi, infezioni delle vie respiratorie e altre infezioni urinarie.

Obiettivi e descrizione del progetto

Attraverso le visite regolari alle comunità, si vuole offrire, insieme alla catechesi, questo triplice servizio (vedi sopra) con l’aiuto di un’équipe di giovani laici.

Si inizierà con le piccole comunità meno visitate e con meno possibilità.

In ogni visita ci si organizzerà in tre squadre, in base all’area di interesse: alfabetizzazione, cucito e salute.

Nell’alfabetizzazione sarà importante coinvolgere gli anziani, in modo che raccontino le loro storie e trasmettano le loro conoscenze tradizionali ai bambini. Si useranno libretti linguistici warao, costruiti nella missione con l’aiuto di un computer e una vecchia stampante. Si consegnerà materiale scolastico (matite, quaderni, gomme), e un piccolo spuntino, che li motivi, e allo stesso tempo integri la loro “dieta monolitica” (polpo e pesce).

Nel laboratorio di cucito si offriranno alcune nozioni di base per realizzare pantaloni e flanelle, interni e qualche vestito. Si utilizzerà materiale del laboratorio, con la possibilità di realizzare la loro borsa da cucito offrendo forbici, metro a nastro, set di aghi, in cambio di un pezzo già fatto da loro stessi, che aiuterebbe i bambini o gli anziani.

Nel workshop di educazione sanitaria, si vuole prevenire le malattie e curarle attraverso discorsi ed esempi pratici sull’igiene e l’uso delle piante medicinali secondo la conoscenza e l’uso degli anziani Warao.

Costi e materiali

Si pensa di dare a ciascuna persona che ci aiuterà nei worshop un sussidio di circa $ 30 al mese e $ 90 al mese alla persona responsabile del laboratorio di cucito, perché avrebbe una maggiore dedizione. In totale $ 150/mese per gli animatori.

Ci sarà bisogno di circa $ 200/mese per lo spostamento dell’attrezzatura e del materiale che verrà usato nei laboratori.

Responsabile in loco

Padre Andres Garcia

FAZENDA DA ESPERANCA: la speranza nelle mani di 45 giovani donne

Le origini e i luoghi: la missione di San Giuseppe de Boroma

Ci troviamo nella Missione di Boroma, provincia di Tete, nella regione nord-occidentale del Mozambico; il capoluogo Tete è situato a circa 1.600 km a nord di Maputo. Boroma, Distretto Amministrativo nel comune di Marara, si trova a 25 km dalla città di Tete ed è il centro amministrativo e scolastico di diversi paesi, il più lontano dista 45 km. La regione di Boroma è popolata da circa 50.000 abitanti.

La Missione di San Giuseppe de Boroma è una delle più antiche e famose missioni cattoliche del Mozambico. Fu fondata nel 1884 dai Missionari Gesuiti tedeschi sulla riva destra del fiume Zambesi. La Missione è classificata dal Governo come Monumento Nazionale (Patrimonio Storico). Fin dalla fondazione, i missionari hanno creato, contemporaneamente, orfanotrofi, scuole primarie con convitti, una scuola di arti e mestieri, una scuola di formazione per insegnanti.

Nel 1975 la Missione Boroma è stata nazionalizzata e tutte le strutture della missione, compresa la chiesa, le scuole, i convitti, l’ospedale, la maternità, i campi agricoli, ecc., sono passate sotto la direzione del Governo. Nel 2016 il governo mozambicano ha restituito le strutture missionarie alla Chiesa cattolica, in particolare alla diocesi di Téte. Gli edifici erano tutti fatiscenti e semi-abbandonati.

I collegi maschili e femminili sono stati chiusi a cause della precarietà delle condizioni. Funzionano solo la Scuola Secondaria di primo grado e la chiesa parrocchiale, tutte in pessime condizioni.

Che cosa è la Fattoria della Speranza

È una comunità terapeutica, fondata nel 1983, in Brasile, da Frei Hans Stapel OFM e dal laico Nelson Giovanelli Rosendo. Il numero delle comunità nel mondo ha già superato le cento unità, distribuite nei paesi dell’Asia, dell’Africa, dell’America e dell’Europa, in continua crescita data la globalizzazione dei gravi problemi sociali che affliggono l’umanità.

La Fattoria della Speranza è presente in Mozambico dal 2006, nella Missione di Dombe. Opera nel processo di recupero delle persone che cercano di liberarsi dalle loro dipendenze, principalmente alcol e droghe. www.portalfazenda.org

Il progetto locale: la Fattoria della Speranza per le donne di Boroma

Uno dei problemi che affliggono in particolare i giovani del Mozambico e della provincia di Téte è la dipendenza da droghe e alcol. Più della metà della popolazione ha meno di 18 anni. La disoccupazione tra i giovani è molto alta, anche tra coloro che hanno completato l’istruzione secondaria e superiore. C’è un grande senso di frustrazione che porta molti giovani, anche donne, a rifugiarsi nel consumo di bevande e droghe. Questo terribile male sociale ha conseguenze negative sulla vita degli individui e delle loro famiglie.

Non esistendo una struttura dedicata al recupero delle giovani donne intrappolate in questo tipo di dipendenza, la Diocesi di Téte ha ritenuto opportuno invitare la Comunità della Fattoria della Speranza ad aprire una seconda comunità terapeutica nella diocesi di Téte per le giovani donne.

Ecco quindi la scelta di Boroma come sede di questo progetto terapeutico, legata principalmente a 3 fattori:

Gli obiettivi e le attività da svolgere

La Fattoria della Speranza di Boroma accoglierà donne che desiderano liberarsi dalla dipendenza da droghe e alcol. La terapia consiste in un processo pedagogico di 12 mesi. Chi intende affrontare questa sfida compie il primo passo attraverso una lettera scritta di propria mano, esprimendo le ragioni del proprio desiderio di cercare una nuova vita.

L’ospite della comunità riceve quindi una spiegazione delle procedure e delle regole da seguire per il recupero. L’accoglienza è curata dal team di coordinamento locale e dipende principalmente dalla disposizione personale e dal desiderio di diventare una “donna nuova”. La Fattoria della Speranza accoglie anche donne incinte e madri con i loro figli.

Il progetto intende recuperare le strutture del Convitto Femminile, Casa das Irmãs e Maternity Hospital della Missione Boroma e adattarle ad essere una comunità terapeutica.

Negli anni ’80, la guerra, la mancanza di manutenzione e infine il vandalismo, danneggiarono gli edifici lasciandoli in uno stato quasi di abbandono. Nonostante queste circostanze, gli edifici della Missione Boroma, per la loro importanza storica, le dimensioni e le strutture tuttora esistenti, possono essere di grande utilità per l’accoglienza delle giovani donne. Ci sono spazi per dormitori, camere da letto, sale riunioni, ecc.

Il progetto congiunto della Fattoria della Speranza e della Diocesi di Téte mira alla riabilitazione della Missione e consiste nella ricostruzione di alcune pareti, coperture, nel posizionamento di porte e finestre, nel rifacimento dell’impianto idraulico ed elettrico, alla tinteggiatura.

Risorse

Sono necessarie risorse materiali per i lavori di restauro dell’edificio e le risorse umane necessarie per la sua esecuzione.

Affinché il personale specializzato possa lavorare con le giovani e aiutarle nella loro guarigione, la Fattoria della Speranza sarà responsabile della selezione delle persone più preparate per tale missione. Generalmente, questo personale viene selezionato anche tra i giovani che hanno frequentato la stessa Fattoria della Speranza.

Costi e contributo Impegnarsi Serve

Il recupero di un edificio per la Fattoria della Speranza di Boroma è valutato circa 35.000 euro

Progetto di recuperoEuroMeticais (moneta locale)
Prezzo35.000,002.520.000,00
Contributo Locale: Diocesi15.000,001.080.000,00
Domanda di contributo all’Associazione Impegnarsi Serve20.000,001.440.000,00

Responsabile in loco

Dom Diamantino Guapo Antunes, vescovo della diocesi di Tete

Il Brasile e la realtà carceraria

Il Brasile nell’attuale scena mondiale sta attraversando una triplice crisi: pandemica, economica e politica ed è il terzo paese al mondo per numero di carcerati dopo Cina e Stati Uniti.

I numeri ufficiali parlano di circa 900.000 carcerati, ma probabilmente sono molti di più. Le donne sono circa 75.000, in crescita del 700%.

La realtà delle carceri in Brasile è drammatica: mancano servizi basilari come l’assistenza medica, il rispetto delle norme igieniche, un’alimentazione sana, per non parlare del sovraffollamento che è diretta conseguenza del controllare la povertà, le diseguaglianze e i problemi sociali che ne derivano, attraverso la carcerazione.

Molti dei carcerati sono giovani, neri, persone ai margini della società con famiglie destrutturate, molti dei quali avrebbero dovuto essere soltanto oggetto di politiche sociali.

Il traffico di droga è tra le principali cause che portano al carcere e l’aumento delle donne deriva dal fatto che sono spesso usate come mule per trasportare droga o sostituiscono il marito nel narcotraffico

Il carcere, per di più in condizioni disumane, aumenta la violenza invece di rieducare.

La Pastorale Carceraria Nazionale

In questo scenario di violazione della dignità del detenuto/a, mancanza di rispetto per le norme costituzionali del paese e delle dichiarazioni internazionali dei Diritti Umani, di cui il Brasile è firmatario, una delle voci di questa minoranza è la Pastorale Carceraria che opera con la popolazione carcerata: è la voce che assicura il minimo supporto garantito dalla legge, l’accesso alla giustizia e ad un processo legale e equo.

Nelle carceri del Brasile non esiste la figura del cappellano, la pastorale carceraria è realizzata dal laici/e religiose/i che periodicamente visitano i penitenziari nei ventisette stati del Brasile e che nel tempo si sono conquistati credibilità e godono della fiducia dei detenuti e delle loro famiglie.

È attraverso questa rete che si è arrivati ad organizzare le famiglie in associazioni, coinvolgendole e rendendole protagoniste del progetto “Un Mondo senza carcere” e realizzando insieme l’Agenda per la scarcerazione che ha individuato in alcuni punti i dieci comandamenti della pastorale carceraria, nella convinzione che il carcere è il sistema di tortura dei tempi moderni per il controllo della società verso chi sta al margine.

Il documento abbraccia i temi cruciali del sistema carcerario e avanza alcune richieste:

Oggi di fatto alle persone della a Pastorale carceraria viene sempre più proibito l’ingresso nelle carceri con la scusa che è pericoloso a causa delle fazioni criminali che potrebbero fare loro del male. In realtà anche i gruppi criminali rispettano gli agenti della pastorale carceraria.

La Pastorale Carceraria riafferma la sua bandiera di lotta “PER UN MONDO SENZA CARCERE”: non è utopia credere in un mondo senza carceri; utopia è credere nel sistema di carcerazione di massa quale mezzo unico e sistematico di soluzione del conflitto sociale e personale.

Gli strumenti per tessere un mondo senza carceri e l’obiettivo principale

Papa Francesco nella enciclica “Fratelli tutti” invita ad “agire affinché di fronte a diversi modi attuali di eliminare o ignorare gli altri, siamo in grado di reagire con un nuovo sogno di fraternità e di amicizia che non si limiti alle parole”  ( FR 6) e chiede di promuovere una trasformazione effettiva della società  e di  “riconoscere, garantire e ricostruire concretamente la dignità, spesso dimenticata o ignorata dei nostri fratelli” promuovendo percorsi di riconciliazione che superino i conflitti e la povertà che portano alla violenza e quindi al carcere.

Il Progetto “Tessendo un mondo senza carceri” nasce sulla scia di queste convinzioni e ha come obiettivo una trasformazione sociale che si ispira alla Giustizia restaurativa e alla Scuola del Perdono e Riconciliazione del Progetto EsPeRe.

La Pastorale Carceraria, ha assunto la Giustizia restaurativa come uno dei mezzi per rafforzare la fraternità, assicurare l’ascolto della persona nella sua storicità, garantendo che lo stato non trascuri la vita che è sotto la sua custodia.

L’obiettivo è quello di formare agenti della pastorale carceraria per realizzare circoli con i familiari di carcerati al fine di sostenere una cultura della giustizia, della pace e del dialogo, al fine di superare i conflitti e costruire fraternità e amicizia sociale. Un impegno importante perché gli stati da seguire sono 27.

Le attività: cosa è stato fatto e dove

La Pastorale Carceraria Nazionale, con lo strumento della Giustizia Restaurativa, ha formato vari agenti di pastorale carceraria in tutto il Brasile. Questa priorità è una risposta al grido della popolazione carcerata e degli agenti della Pastorale Carceraria che si sono trovano isolati specie nel periodo della pandemia, soggetti a privazioni e torture di ogni genere.

La Pastorale Carceraria Nazionale ha firmato un trattato di collaborazione con la Facoltà Madalena Sofia e con l’Istituzione Moinho de Paz, João Maria, che ha permesso l’accesso a:

La Pastorale Carceraria Nazionale, durante la pandemia ha assicurato la formazione e l’accompagnamento psicologico e spirituale, anche attraverso corsi/laboratori guidati dalla metodologia “teoria – esperienza – pratica”.

La formazione e l’accesso alla metodologia hanno riguardato finora (anno 2021) circa 800 persone, tra agenti della Pastorale Carceraria ed ex carcerati/e.

Ad oggi, gli Stati oggetto della formazione sono: RIO GRANDE DO NORTE; PARANA; MINAS GERAIS; MARANHÃO; RIO GRANDE DO SUL; CEARÁ; RIO DE JANEIRO; BAHIA; AMAPA; PARA; PARAÍBA; SÃO PAULO; SANTA CATARINA; PERNAMBUCO; GOIÁS; MATO GROSSO DO SUL; PIAUI; ESPÍRITO SANTO; ALAGOAS; DISTRITO FEDERAL; AMAZONAS; MATO GROSSO; RORAIMA.

Contributo di Impegnarsi Serve nell’anno 2021: € 5.000

Siamo a Luacano, in Angola, nell’est del paese, nel cuore del continente africano. Come Impegnarsi Serve, per favorire lo sviluppo della comunità locale e diffondere la cultura, abbiamo già recentemente sostenuto un progetto di alfabetizzazione per giovani e adulti e la costruzione di una biblioteca.

La biblioteca è riuscita ad acquistare oltre 165 libri di cultura generale: scienze, economia, politica e cultura locale, libri scolastici specialmente per la scuola primaria e secondaria, enciclopedie, dizionari, ecc. ecc.

Sono stati acquistati anche una fotocopiatrice e dei computer. Questi dispositivi richiedono la disponibilità di energia elettrica sicura ed economica. Oggi la necessità principale per la biblioteca ed i suoi ragazzi è rappresentata dal bisogno di avere un impianto di illuminazione, affinché la biblioteca stessa possa offrire il suo servizio anche quando viene a mancare la luce del giorno.

Nel distretto di Luacano non è presente la rete di corrente elettrica e in questo momento la biblioteca dipende da un generatore. Oltre al rumore, l’uso del generatore causa un elevato inquinamento, la corrente non è disponibile con continuità ed è molto costosa. Di conseguenza nel tardo pomeriggio, al calare del sole, la biblioteca è chiusa, mentre sarebbero proprio le ore in cui i giovani hanno il tempo libero per studiare.

Il nostro sogno è quello di fornire e installare un impianto fotovoltaico dalla capacità di 2000 Watts, al fine di permettere ad un maggior numero di persone (in prevalenza giovani) di frequentare la biblioteca anche in orario preserale e serale quando la luce naturale svanisce. La regione riceve molta luce del sole e questo permetterebbe di produrre energia elettrica senza creare inquinamento nella zona.

La campagna Christmas for Africa 2021 contribuirà alla realizzazione di questo progetto.

ll nostro sogno si realizzerà solo con il tuo contributo!

Nel 2020, durante il primo lockdown per l’emergenza Covid, l’associazione Impegnarsi Serve proponeva l’innovativa iniziativa di beneficienza “1 Uovo… 2 Sorprese” per festeggiare la Pasqua durante quel difficile periodo. L’iniziativa riscosse un gran successo e così, oggi, per la Pasqua 2021 l’associazione ne ripropone la formula:

  1. tutto il ricavato si trasformerà in cibo, vestiti, medicine e combustibile per il riscaldamento per famiglie povere in Mongolia
  2. il tuo Uovo sarà donato e distribuito dalla Caritas di Settimo Torinese a famiglie del territorio in difficoltà economica.

La formula “1 Uovo… 2 Sorprese” è una scelta, infatti puoi RITIRARE IL TUO UOVO e partecipare esclusivamente al progetto di solidarietà in Mongolia.

Aderisci


Acquistando un Uovo di Pasqua a 9 € o una Campana decorata a 12 € entrambe disponibili al latte o fondente per 300 gr di prodotto.

Potrai pagare comodamente tramite

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oppure tramite bonifico bancario IBAN IT53F0306909606100000124198 causale “1 uovo 2 sorprese”

Cellulare 379.175.77.55

e-mail info@impegnarsiserve.org


Scarica il VOLANTINO dell’iniziativa

Dove ci troviamo

Siamo a São Lucas de Maúa, più precisamente nel territorio della parrocchia di Sao Lucas de Maùa, diocesi di Lichinga, nel distretto di Maúa nella provincia di Niassa nel nord della repubblica del Mozambico.

La parrocchia è stata fondata nell’anno 1988. Prima della sua fondazione era una cappella dell’antica missione Sacro Cuore di Gesù fondata nell’anno 1940 a 10 km dalla città di Maùa. Sfortunatamente, dopo l’indipendenza, l’insurrezione e gli scontri tra le forze militari dello stato mozambicano (Frelimo) e la guerriglia (Renamo) obbligarono gli abitanti dell’antica missione a fuggire e ad abbandonarla. La maggior parte dei profughi trovarono rifugio nella città di Maùa e lì sono rimasti fino ad oggi.

Attualmente la parrocchia conta 86 comunità ecclesiali, denominate cappelle. Maùa è la sede principale del distretto e rappresenta un agglomerato urbano significativo. Una stima da fonti non confermate rileva una popolazione della città di Maùa tra gli 8 e i 10 mila abitanti, la maggior parte dei quali di etnia Macua.

Tra passato e presente

La situazione sociale del Mozambico è particolarmente difficile per le ragazze.

Secondo la tradizione, l’organizzazione familiare si basa su un sistema matriarcale. Quale responsabile della vita, la donna è il capo della sua comunità, ma purtroppo oggi questo sistema tradizionale è minacciato e i valori non sono quasi più rispettati. Esiste un antagonismo tra la complessa realtà del mondo globale che gradualmente si radica nella comunità e la situazione locale di povertà, miseria, analfabetismo, disoccupazione, mancanza di infrastrutture, … Se da un lato c’è ancora il desiderio di preservare la cultura e le tradizioni degli anziani, dall’altro c’è il desiderio di sperimentare e vivere ciò che il mondo globale offre ai più giovani.

Di conseguenza, la combinazione di questa dualità dà origine a una cultura di mancanza di rispetto e di violenza contro le donne; di furto, di menzogna e di inganno; di ozio e di libertinaggio; di abuso di droghe e di sostanze; di prostituzione e di gravidanze indesiderate tra le adolescenti; di poligamia e di infedeltà tra le coppie; di abuso di alcool, ecc.

Istruire una donna… istruire una nazione

Permettere alle donne di studiare significa dare un futuro alla società, visto che l’educazione nei primi anni di vita dei bambini viene impartita dalle mamme.

L’obiettivo del progetto è la costruzione di una casa di accoglienza per 80 studentesse, così che possano seguire gli studi in un ambiente protetto dalla delinquenza e sicuro dal punto di vista sanitario. Il progetto prevede la costruzione dell’edificio con le stanze destinate alle studentesse, il blocco sanitario, la lavanderia e l’impianto idraulico

La partecipazione locale al Progetto

I membri della comunità collaboreranno al progetto, soprattutto i giovani che hanno competenze di edilizia, carpenteria, saldatura, etc. La missione si avvarrà delle loro capacità manuali in cambio di altri servizi forniti loro dalla parrocchia.  I materiali come sabbia, pietre, mattoni saranno forniti dalla comunità parrocchiale e anche i costi di trasporto saranno coperti dalla comunità locale.

La comunità parrocchiale sostiene in pieno questo progetto e sono già state raccolte le disponibilità da parte di alcuni parrocchiani per le attività manuali.

Un progetto sostenibile

La continuità del progetto è garantita dalla supervisione della comunità dei Missionari della Consolata, che

Sono i gestori della struttura. La possibilità di supportare le studentesse e permettere loro di seguire in un ambiente protetto l’intero ciclo di studi permetterà di sviluppare una migliore autocoscienza delle giovani donne, le quali potranno influenzare positivamente l’educazione dei propri figli e il miglioramento progressivo della società. Il forte coinvolgimento della comunità parrocchiale dà garanzia di continuità al progetto e permette di rinforzare l’inserimento nella comunità di persone che provengono anche da aree lontane.

I tempi

Durata Progetto: 1 anno

Data inizio attività: Aprile 2021

I costi

14.298 euro

Responsabile in loco

Mulongo Andrew Lukhale, missionario della Consolata

Le origini e i luoghi

Nell’ormai lontano 1997, i missionari della Consolata, per venire incontro al grave problema dei bambini di strada, danno inizio alla costruzione della Faraja House a Mgongo, alla periferia della città di Iringa, NE della Tanzania.

L’organizzazione e la direzione vengono affidate a padre Franco Sordella, missionario della Consolata con grande esperienza in Africa, che ancora oggi dirige la Faraja.

Faraja, cioè “consolazione”, che negli anni diventa accoglienza, affetto, futuro: dal 1 maggio 1997, quando padre Franco accolse i primi 19 bambini di strada, la Faraja ha percorso vie ripide, tortuose, sconnesse, difficili.

Oggi accoglie circa 70 ragazzi, divisi tra bambini delle scuole elementari, ragazzi delle secondarie, 5 universitari, 3 allievi della scuola tecnica e 2 seminaristi.

Distruzione e ricostruzione

Nel 2018, un terribile incendio distrugge gran parte della Faraja House, grazie a Dio lasciando incolumi i ragazzi.

Con il contributo della CEI e di alcuni gruppi italiani, padre Franco riesce a ricostruire la “nuova” Faraja, che apre le sue porte ai ragazzi ai primi di agosto del 2019.

I ragazzi della Faraja

È difficile descrivere le situazioni e le esperienze di vita di questi ragazzi che si sono trovati a vivere per strada: carcere, ogni genere di violenza fisica e psicologica, esperienze che lasciano profonde ferite.

L’abbandono scolastico per vari motivi porta i ragazzi in strada, alla ricerca di lavoretti per la sopravvivenza. Nella maggior parte dei casi, ci si ritrova a vivere di furtarelli, rapine, con arresti della polizia, malattie (tra cui l’AIDS) e soprusi vari che sono all’ordine del giorno. Normalmente i bambini di strada provengono da ceppi famigliari disgregati o assenti, che diventano fonte di sofferenza, amarezza, abbandono.

Riportare i ragazzi alla normalità non è facile perché intervengono molti fattori culturali, religiosi e tribali. La grande ricchezza della Faraja è l’impronta familiare e solo grazie a tutto l’affetto e l’attenzione con cui i ragazzi sono seguiti è possibile rispondere ai loro numerosi bisogni. Per tutti i ragazzi, la vita in Faraja vuol dire studiare, giocare, lavorare, pregare.

La “nuova” Faraja

Tra insuccessi e fallimenti, tra rientri alla vita di società e tanti successi, oggi la “nuova” Faraja è un piccolo villaggio recintato con muretto in pietra e cemento, una rete metallica ed un portone in ferro battuto che rappresenta l’ingresso in Faraja.

Il villaggio è costituito da 6 case indipendenti anche dal punto di vista energetico (con camere, bagni, docce, lavanderia, sala studio), un refettorio con annessa cucina, una casa per ospiti e volontari.

Il contributo di IS

Ci siamo impegnati per il mantenimento e l’educazione scolastica dei bambini e dei giovani.

A Natale 2019 IS ha versato un contributo di euro 8000, con il quale padre Franco ha potuto comprare materiale didattico per i ragazzi, divise, zaini, materassi, coperte, e soprattutto ha potuto saldare le tasse scolastiche per tutti i ragazzi.

Progetti futuri

Anche attraverso possibili nuovi contributi di IS, il futuro di Faraja House vedrà a breve la necessità di costruire un nuovo pozzo, di rifare la strada di accesso, di ampliare la stalla per gli animali per assicurare l’autosufficienza alimentare di chi vive in Faraja.

A completamento di tutto, c’è bisogno di un buon congelatore a pannelli solari.

Responsabile in loco

Padre Franco Sordella IMC

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